SOUL CHANGES
2024
Credo che la costante evoluzione nell’ambito di una pittura informale ed astratta sia la cifra della mia produzione negli ultimi anni; questa evoluzione è il frutto di una continua speri-mentazione, che tuttavia non è indotta da scelte razionali ma da una esigenza interiore.
L’esigenza espressiva in quanto inconscia, non consente linee evolutive ben definite, anche relativamente alle modalità e tecniche di uso del colore, mancando una regia razionale e coerenti scelte di base. Chi conosce il mio lavoro nel tempo tuttavia può agevol-mente percepire l’evoluzione che è avvenuta nel tempo. Più difficile invece è comprendere che l’evoluzione sta nell’ispirazione, nella sensibilità, nell’espressione intima: sono queste ultime ad essere mutate nel tempo. Questa regia inconscia mi conduce, talvolta anche verso il passato, con flashback e rivisitazioni delle sperimentazioni passate; altre volte verso fasi realmente innovative.
La sperimentazione è dunque la risultante di questa evoluzione interiore, vissuta come una vera esigenza espressiva: si tratta di un processo complesso nel quale spesso si ag-giungono ingredienti nuovi, che si rimescolano con le stratificazioni di quanto si è già sedimentato; talvolta vi è solo il nuovo ingrediente; talvolta emergono sedimenti lontani nel tempo; il più delle volte, anche i nuovi ingredienti vengono inglobati, in una continua contaminazione tra passato e presente.
Queste considerazioni mi spingono ad affermare che la mia sperimentazione venga decisamente proiettata verso il mondo interiore e non verso quello esteriore, dove scelte più razionali mi suggerirebbero di approfondire gli approdi già raggiunti, anche verso il valore di una maggiore riconoscibilità della mia cifra espressiva. Questo procedere libero da con-dizionamenti razionali, sconta tuttavia le difficoltà dell’ascolto di quella voce interiore: questa difficilmente giunge forte e chiara; più spesso è flebile ed indistinguibile sicché cerco di isolarmi il più possibile, creando il silenzio necessario al dialogo con me stesso, cercando di seguire l’ispirazione interiore, evitando di confondere tra emozioni mie e quelle ispirate dagli altri.



Il rischio che questo procedere verso l’ascolto intimo (ed isolato dal circostante) sia poco innovativo e sostanzialmente sovrapponibile al percorso svolto nel passato, da tanti altri autori e’ dunque accettato consapevolmente. Il rischio di rimanere legato al passato, è pressoché inevitabile: i miei riferimenti artistici, quelli che mi hanno toccato nell’intimo (in primis Kandinskij), e che hanno plasmato anche inconsapevolmente il mio mondo interiore, sono stati e sono il patrimonio di molti. Per me dipingere non è ricerca di originalità ma espressione di sé, atto di rivelazione della propria intimità finalizzato alla conoscenza di se stessi ed alla liberazione della propria voce interiore. Volendo svolgere un’analisi da un’altra angolazione, la mia pittura è un portato della mia soggettività e cioè non solo di esperienze e sentimenti ma soprattutto della rielaborazione interiore della conoscenza che abbiamo maturato del mondo esteriore, cioè di un bagaglio che è comune a tutti noi. L’originalità non è dunque né nel percorso, né nella conoscenza comune ma, nella rielabora-zione soggettiva che passa dalla unicità di ciascuno di noi, dall’energia e dall’intensità della propria intimità. Per Kandinskij, i colori sono vibrazioni che toccano le corde, che arriva-no dritte al cuore di chi ascolta, come fossero strumenti musicali che generano una melodia; per me tuttavia il fine non è toccare l’anima di chi ascolta, ma è conoscere l’io profondo e dunque cercare e suonare quella musica che è dentro di me (e di noi).



Essere innovativo ed originale, fare arte e tendenza, non è dunque il mio fine. Dipingo per me stesso, per esprimere la mia interiorità. Ed il dialogo con me stesso dura fino a quando sulla tela l’obiettivo è raggiunto, come si trattasse di uno spartito oramai completo: l’esigenza espressiva si acquieta sostituita dall’emozione che suscita la contemplazione dell’opera appena nata. Spesso mi capita di rimanere rapito dalla contemplazione dei miei quadri, dai quali mi distacco non senza difficoltà come fossero il frutto di momenti irripetibi-li; così come provo grande soddisfazione quando mi accorgo che i miei quadri trasmettono emozioni agli altri che, dunque, vengono percepite non solo da me; quando questo avvie-ne ho la sensazione che la pittura divenga linguaggio universale e comprensibile a tutti, come il calore di un abbraccio. Nella mia sperimentazione non vi è dunque ricerca del nuo-vo, ma voglia di conoscenza della mia intimità profonda, quella non percepita; dipingere è dunque espressione della mia spiritualità, atto liberatorio e rasserenante che, mi sembra, riguardando a ritroso il percorso fatto, aiuti piano piano a svelare -soprattutto a me stesso- stratificazioni sempre più profonde. Se riguardo i miei primi lavori mi accorgo che molto è cambiato e mi sento giunto ad esprimere una voce interiore più profonda e matura, che rivela la complessità del mio mondo interiore. Al di là della poco rilevante scelta dei sup-porti (carta, tela, plexiglass, legno) utilizzati mi sembra sia molto cambiata la struttura dell’opera, il tratto, l’accostamento dei colori, le trame che mi paiono essere divenute sempre più complesse. Nella prima serie fantasy mi accorgo che vi è una semplicità quasi primitiva, sostanzialmente priva di trame che esprime una forte emotività fatta di colori ben distinti, di pennellate e spatolate corpose che rivelano una esplosività impattante, quasi aggressiva, talmente preponderante da consentire al fruitore, (ed anche a me stesso), poco spazio al dialogo interiore; avverto una difficoltà di interagire con l’opera che un po' si subisce: si coglie dunque senza distrazione l’emozione primitiva del colore con poco spa-zio di comunicazione intima, per una interpretazione più profonda. Ed in esse vedo espressa la mia positività, l’energia, quanto di me è più esteriormente percepibile: il mio modo di agire, di pormi nei confronti del mondo e di chi mi sta vicino: forte, deciso, solare, incline ad affermare le proprie idee più che ad ascoltare quelle degli altri, dunque, ingombrante ed impattante.
Richiamando gli insegnamenti di Kandinsky su colore e note musicali, si tratti di brani suonati con una nota per volta, in cui ciascuna nota è ben timbrata ma con poche concessioni alla melodia, senza pause: spatolate e pennellate di consistente dimensione, conducono direttamente verso una emozione semplice, forte, ma poco strutturata. Il cammino dalla prima serie fantasy a quella dream, passa attraverso un percorso di sperimentazione in quadri di ispirazione geometrica in cui il colore viene dosato in modo diverso e tendenzial-mente minimalista per poi giungere alla successiva serie dream, dove l’emozione si fa più complessa meno primitiva più subliminale, con abbandono dello spatolato per un uso più evidente del pennello.


Le trame qui riproducono un gioco di luci e colori che risaltano nell’oscurità, come in un sogno. Vi è dunque una rielaborazione personale ed intima, una ricerca di sogni vissuti, di emozioni provate nello stato di dormiveglia. Ma vi sono anche le sensazioni di immagini notturne, di film noir, di precedenti vissuti con effetti di luce che richiamano le deformazioni ottiche di un temporale o di un parabrezza appannato dove si intravedono solo sprazzi di luce ed ombre. Dopo la serie dream la sperimentazione si è evoluta verso una espressione più inconscia, più profonda e meno percepita in esperienze vissute e consapevoli. La novità non è nella metodologia o nell’approccio, ma nell’espressione del gesto pittorico, in cui è l’interiorità che si esprime, non solo con la forza del colore, ma anche attraverso una trama del quadro più complessa e strutturata, meno diretta ed impattante: la successiva serie atmosphere che conclude il percorso “forbidden colours” (pittura senza regole) si caratterizza per una struttura del quadro più omogenea, meno frammentata e con l’uso di un minor numero di colori.




Le trame qui riproducono un gioco di luci e colori che risaltano nell’oscurità, come in un sogno. Vi è dunque una rielaborazione personale ed intima, una ricerca di sogni vissuti, di emozioni provate nello stato di dormiveglia. Ma vi sono anche le sensazioni di immagini notturne, di film noir, di precedenti vissuti con effetti di luce che richiamano le deformazioni ottiche di un temporale o di un parabrezza appannato dove si intravedono solo sprazzi di luce ed ombre. Dopo la serie dream la sperimentazione si è evoluta verso una espressione più inconscia, più profonda e meno percepita in esperienze vissute e consapevoli. La novità non è nella metodologia o nell’approccio, ma nell’espressione del gesto pittorico, in cui è l’interiorità che si esprime, non solo con la forza del colore, ma anche attraverso una trama del quadro più complessa e strutturata, meno diretta ed impattante: la successiva serie atmosphere che conclude il percorso “forbidden colours” (pittura senza regole) si caratterizza per una struttura del quadro più omogenea, meno frammentata e con l’uso di un minor numero di colori.
In poco più di un anno sono venute alla luce nuove opere, anche di grandi dimensioni, meno emozionali ma più espressive: i quadri della serie fantasy cambiano di densità ed intensi-tà ed acquistano la nuova denominazione extemporalis volendo rimarcare -nella continuità del metodo espressivo, legato all’espressione della voce interiore- il mutamento dato dall’ispessimento della tramatura, e dalla diversità della componente espressiva che segna il distacco delle precedenti opere della serie “fantasy”. Rivedendo la sequenza delle opere credo di poter affermare che vi è stata una maturazione espressiva, frutto di un dialogo interiore più profondo, che ha rivelato l’emersione di nuovi approcci e capacità di espressione, frutto della contaminazione e del superamento delle esperienze pregresse, giungendosi così alla serie deja vu e poi a quella downtown, nuove evoluzioni del dialogo interiore fondate su di una maggiore complessità e strutturazione espressiva, narrata nel successivo “the emotional tour”. Nella serie deja vu, evoluzione della serie dream, ritorna il tema del già vissuto, della memoria inconsapevole, dell’immagine custodita nei recessi del subconscio, del ricordo stratificato, del mistero che la sensazione emozionale del ricordo conduce. Ed è stato interessante constatare durante la mostra a Monopoli vedere che quelle opere siano state in grado di suscitare, in molti dei visitatori, soggetti inesistenti, ricordi propri, emozioni.





La successiva serie downtown apparentemente sembrerebbe costituire una fuga dalla pittura astratta ed una incursione nella pittura di raffigurazione, ma così non è. La città im-maginaria fa parte della tela ed è solo lo sfondo di supporto all’espressione del colore nel contesto sociale che ci è familiare.
La città immaginaria rappresenta idealmente il background del nostro vissuto ed al tempo stesso luogo di espressione della nostra intimità.
Tra la fine del 2021 e l’estate del 2022 più eventi negativi interromperanno l’evoluzione del dialogo interiore, bruscamente interrotto da eventi che hanno generato una reazione quasi primordiale, consapevole, di timore per il futuro. Questi eventi mi hanno condotto ad una drastica inversione di rotta, verso l’abbandono del dialogo interiore e del colore (che è cifra della mia intimità) proiettandomi nella negatività, cui è seguita una consapevole esplorazione del dolore, dell’oscurità, della paura cagionata dagli eventi storici (pandemia, guerra glo-bale, crisi energetica, ecc..) guidata dal timore di aver perso per sempre certezze ed idealità sino a quel momento date per scontate.
Nasce così la serie “Dark side” dominata dal grigio e dal nero. La sperimentazione che ne è seguita, esplora l’oscurità e va di pari passo con l’affermazione nel mondo dell’idea di un futuro incerto per le nuove generazioni, di una tecnologia pervasiva e nemica che ridisegna il ruolo dell’uomo nella società e lo spinge via, quale comprimario, destinato ad una intollerabile superficialità, anche culturale.
Contemporaneamente alle serie Dark side nasce quella no war: pochi quadri di diverso formato, ispirati dall’esigenza di partecipare e condividere l’invocazione collettiva per la cessazione degli orrori della guerra, per affermare il valore universale della pace, quest’ultima intesa anche in senso lato come denunzia della sopraffazione: dell’uomo sull’uomo, sulla donna, sulle nuove generazioni, sulla natura, sul clima, sulla terra; ma anche come anelito della vittoria del calore sul gelo della disumanità; della luce sull’oscurità dello spazio infinito; dell’aspirazione dell’uomo al divino. Venuto meno il rischio di una guerra globale, metabolizzati gli eventi, a distanza di circa un anno, è improvvisamente ripreso il dialogo bruscamente interrotto: viene così abbandonato il tema della guerra e la sperimentazione dell’oscuro, verso una prepotente ripresa dell’uso del colore, quasi come se, raggiunto il fondo dell’oscurità vi fosse stato un rimbalzo che ha portato repentinamente e direttamente, senza un percorso intermedio, dal buio alla luce. L’inizio del 2023, quasi vi fosse uno spartiacque immaginario, si è subito caratterizzato da una nuova vena ispiratrice, totalmente nuova, contraddistinta come detto da una ritrovata positività, dall’abbandono dei toni scuri e dalla decisa ripresa di una pittura nuovamente solare e luminosa, ma diversa dalla precedente e dunque all’insegna da un improvviso cambiamento. Il 2023 vede la genesi di una nuova sperimentazione che, apparentemente segna un taglio netto con il recente passato del 2022, ed una discontinuità alle precedenti sperimentazioni (downtown ed extempo-ralis) ma in essa sono evidenti le contaminazioni che da questo derivano. Il titolo della mostra “soul changes” dunque, richiama le evoluzioni, i cambiamenti dell’anima repentinamen-te vissuti in un periodo temporale (circa due anni e mezzo). L’ultima “frontiera” della mia sperimentazione è quella di realizzare quadri con possibilità di cambiamento: non solo opere singole in semplice continuità tra loro, cioè “dittici”, che accostati generano un quadro più grande, ma anche opere polittiche, sempre singole, ma più complesse e componibili secondo uno sviluppo sia orizzontale che verticale, generando così opere diverse per immagine e per formato. In questi ultimi mi pare evidente il superamento e la metabolizzazione delle produzioni precedenti ed al tempo stesso, come detto, emerge la contaminazione che la parentesi del percorso “Dark side” ha comunque generato attraverso un visibile ispes-simento del nero, divenuto protagonista e non più comprimario del colore, esprimendo anch’esso -a me pare- una profondità non inquietante, ma stavolta positiva e luminosa.